Suikoden recensione di un capolavoro
Era il 1995 e la Konami stava per mettere in commercio uno di quei giochi che avrebbero poi segnato il futuro della compagnia.
Il titolo in questione era Suikoden, ispirato ad un famosissimo libro cinese che narra la storia di 108 briganti e delle loro gesta al limite del fantastico, che verranno rinominati le 108 stelle del destino.
Proprio attorno a questo tema si evolve la storia di questo jrpg e dei suoi 5 seguiti (escludendo le versioni uscite per console Nintendo).
Il gioco è ambientato durante l’Impero della Luna Scarlatta e vede come protagonista Tir McDohl, figlio di uno dei generali più importanti dell’Impero, costretto in seguito alla scoperta di essere il possessore di una delle “rune del destino”, a fuggire dalla capitale e a lasciare l’esercito imperiale.
Questo gli permetterà di vedere le cose da una prospettiva diversa, rendendosi conto di quanto la vita dei comuni cittadini sia difficile sotto il comando dell’imperatore Barbarossa e di come questi eserciti un potere autoritario nei suoi domini.
Inseguito da assassini mandati a recuperare la runa, Tir si unirà presto all’armata ribelle di Torna, che si oppone all’impero, e da qui inizierà la guerra di liberazione.
Per avere la meglio sarà necessario arruolare altri personaggi, le famose 108 stelle del destino, che entreranno a far parte del proprio esercito e che di volta in volta andranno a migliorare il quartier generale del nostro protagonista.

Introduzione allo scontro tra eserciti
Proprio questi due aspetti, l’arruolamento di ben 108 personaggi (quasi tutti giocabili), e la gestione di un vero e proprio castello, furono l’elemento distintivo di questo titolo e ne segnarono la fortuna. Impagabile la soddisfazione di vedere la propria dimora migliorare di volta in volta e diventare una vera e propria roccaforte.
Particolarmente divertente è anche la gestione degli scontri con le armate imperiali, in cui Suikoden presenta un mini-gioco strategico in cui bisogna comandare a turno i vari reparti della nostra armata, cercando di individuare quelli più forti contro le controparti avversarie ( una sorta di sasso, carta, forbice).
Anche il sistema di combattimento presentava delle novità per quegli anni: sino a 6 personaggi (e non 3) venivano schierati sulla scacchiera virtuale e, a turno, potevano sferrare attacchi, magie o delle mosse speciali legate agli altri membri del team.

Dettaglio della schermata dei combattimenti
Infatti ogni personaggio ha una sua storia, spesso legata a quella di un altro, e quando vengono schierati assieme possono interagire per compiere degli attacchi molto potenti; l’importante è scoprirli tutti!
Nota dolente è invece quella relativa alla grafica, più simile ai giochi della generazione precedente, soprattutto durante i combattimenti dove gli sprite che compongono i personaggi tendono a diventare enormi e sgranati. Molto belle erano invece le location.
Il gioco risultò quindi qualcosa di assolutamente innovativo nel panorama della PSX, rappresentando il primo jrpg uscito per quella console; solamente alcuni anni dopo verrà surclassato da un certo Final Fantasy 7.
Attualmente è uno dei Jrpg per Playstation 1 più ricercati (insieme al secondo capitolo) e allo stesso tempo più rari sul mercato. per questo non è diffcile trovare dell copie per il mercato europeo a prezzi altissimi.
Ottima trama, ottima longevità e meccaniche di gioco veramente interessanti!
Una grafica che già ai tempi sapeva di vecchio
Combattimenti casuali troppo frequenti
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